Iniziamo col definire una scena. Una scena è un campo esistenziale delimitato e sensoriale. Esistenziale perchè contempla la contingenza dell’essere e non il suo assoluto. Delimitato poichè comprende confini spaziali e temporale delineati. Sensoriale poichè accessibile attraverso l’esercizio dei sensi. Una scena può essere un paesaggio, un’evento, un’azione teatrale.
Definiamo successivamente lo scopo gnoseologico. Lo scopo gnoseologico è scopo di conoscenza, di apprendimento e di contatto con la scena. Esso può avere approcci differenti a seconda del soggetto conoscente. Nel nostro caso, in qualità di artista, l’approccio gnoseologico scelto è quello dell’identità. Identità in quanto ricerca di specchio concettuale sincronico fra le varie parti del sé.
Passiamo ora ad analizzare il metodo di conoscenza dell’identità di una scena. Nella definizione soggetto/oggetto, artista/scena abbiamo riproposto un dualismo fondante della filosofia occidentale post-platonica. Cartesio definisce una prima di lettura di tale dualismo parlando di res exstensa (scena) e res cogitans (artista). Nella disciplina Kantiana la cosa in sè, ovvero la scena viene recepita e formalizzata dalla cosa pensante, ovvero l’artista, attraverso le categorie a priori. Tuttavia non possiamo fermarci all’insegnamento di Kant per l’attuazione di una gnoseologia che sia post moderna e rispettosa dei paradigmi filosofici vigenti. Abbiamo bisogno di altri due importanti “amici” della conoscenza.
Hegel definisce la dialettica dello spirito, partendo da Fichte e da Shelling. L’io attraversa il contrasto con il non io, la tesi attraversa il contrasto con l’antitesi per ritrovarsi nella sintesi. Pierce invece ci insegna l’impossibilità dell’oggettivo a-soggettivistico, e lo fa ricordandoci che il soggetto è parte integrante dell’oggetto poichè immerso nella realtà sensoriale di cui l’oggetto fa parte (ermeneutica). Da questa breve esposizione cogliamo dunque, nella gnoseologia identitaria di una scena, una necessità dialettica fra soggetto/artista e oggetto/scena dove il soggetto sia parte integrante dell’oggetto e vi si fonda in una sintesi. Definiremo quella sintesi identità di una scena. O meglio identità interpretativa di una scena.
Da qui non rimane che cercare lo strumento, la via conoscitiva, l’azione conoscitiva più adatta per arrivare alla sintesi. Parliamo di via e di azione per indicare un movimento, un movimento dell’artista verso la scena, un movimento conoscitivo.
La gnoseologia ci insegna tre metodi fondamentali: induzione, deduzione, abduzione.
Iniziamo dal metodo induttivo. Il metodo induttivo, applicato al nostro caso, è il metodo che ha come protagonista la volontà dell’artista. Esso è una induzione di conoscenza, appunto, ossia è una costruzione teorica della conoscenza e quindi della scena. Si traduce nella riproduzione sensoriale di un’idea. E’ scena manichinica, ovvero artificiale elaborazione e rappresentazione di una esistenza.
Il metodo deduttivo. Esso parte invece da elementi certi, ovvero esistenziali, si chiude in esso per trarre da esso stesso elementi non ancora disvelati. E’ il metodo che ha come protagonista la realtà sensoriale dell’oggetto, ovvero della scena, e che esclude la presenza dell’artista nella ricerca gnoseologica. La deduzione è mera assimilazione di scena, è assenza di regia, assenza di interiorizzazione.
Il metodo abduttivo. Esso è invece l’unione d elementi certi e incerti, partecipazione di scena e di artista.Dall’assimilazione della scena l’artista rielabora e aggiunge elementi coerenti alla stessa, non attraverso un percorso di riproduzione e artificiosità, ma attraverso l’uso della dialettica scenica, che si traduce in suggestione.
La suggestione è il soggetto nell’oggetto, in un percorso dialettico che conduce alla sintesi ricercata.
La suggestione è contrasto che da significato e senso all’identità.
Un percorso induttivo e un percorso deduttivo sono privi di conoscenza di identità per assenza di dialettica.
Per questo sceglieremo il percorso abduttivo per conoscere l’identità della nostra scena e quindi per darle valore artistico.
Gaetano Luca Filice nasce a Monza il 12 maggio 1979. Dal 2006 vive stabilmente in Sardegna. E' laureato in Letteratura Musica e Spettacolo alla Sapienza di Roma. Scrittore e Giornalista, fra i suoi libri ricordiamo Webbe Grillo, Cicche BeH e 40 notti e la ballata del giorno nuovo. Nel 2010 ha partecipato alla campagna elettorale per le elezioni comunali, esperienza molto intensa da cui ha tratto ispirazione per scrivere il suo primo romanzo "Qui non si può fare".
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